Home ArticoliContributi generali Chi è e chi non è il C.T.U.?

Chi è e chi non è il C.T.U.?

di Sara Pezzuolo

Il consulente tecnico d’ufficio è solitamente definito come gli “occhi del giudice”.

Il giudice si avvalora di un esperto in una particolare disciplina per avere un conforto scientifico nella sua decisione, anche se egli è, e resta, il “peritus peritorum”.

Ecco allora che la C.T.U. diventa lo strumento di valutazione del giudice.

Il C.T.U. è nominato in base all’articolo 191 c.p.c., viene convocato in udienza e, dopo il giuramento, si procede alla lettura del quesito.

Una delle maggiori difficoltà nell’ambito della psicologia è la distinzione che si crea tra lo psicologo in veste clinica e lo psicologo in veste peritale.

Il ruolo dello psicologo nella C.T.U. non è quello di fare il clinico, di offrire sostegno ma è quello di “stimare”. Nello specifico, lo psicologo forense, ha il compito di valutare il danno che un evento ha indotto in un soggetto ma non ne comporta il trattamento terapeutico. Per fare un semplice esempio pensiamo al danno da lutto. Potremo ipotizzare, dopo aver fatto l’indagine psicologica e aver elaborato la consulenza psicologico-giuridica, che il cliente, (altra distinzione fondamentale: lo psicologo clinico ha pazienti, lo psicologo forense ha clienti!!!), abbia sviluppato una sintomatologia depressiva.

Orbene, compito dello psicologo forense non è quello di curare il paziente dalla depressione ma, bensì, quello di valutare il danno (nel caso in esempio si tratta di danno biologico di tipo psichico e danno esistenziale) e rispondere all’interlocutore, che in ambito di C.T.U. è appunto il giudice, in merito all’esistenza e alle caratteristiche di tale danno.

Nell’ambito del suo lavoro d’indagine, il C.T.U. si può avvalere di ausiliari (sempre portando ad esempio la psicologia, gli ausiliari richiesti possono essere psicodiagnositici, neurologi, psichiatri etc.), i quali hanno il compito di “aiutare” e collaborare, sotto la responsabilità del C.T.U., per rispondere al meglio al quesito posto.

La prima azione ufficiale del C.T.U. è la comunicazione d’inizio delle operazioni peritali. Tale atto è fondamentale, in quanto fa parte delle norme dirette alla tutela del contradditorio. La mancata comunicazione alle parti costituisce la violazione del contradditorio e pertanto comporta la nullità della consulenza. Tale comunicazione deve essere fatta ai difensori delle parti ed agli eventuali consulenti di parte. Una volta comunicato l’inizio delle operazioni peritali, non sussiste obbligo di comunicazione in merito alla loro prosecuzione anche se, la prassi ed una buona professionalità, auspicano tale comunicazione procedendo alla stesura di un calendario delle operazioni peritali insieme alle parti.

Successivamente si prosegue nella fase delle indagini, si procede all’anamnesi, ai colloqui clinici, alla somministrazione di test e, se si ritiene opportuno, si intervistano terze persone per avere una migliore comprensione del problema oggetto di causa; si fa ricerca.

Il passaggio finale consiste nella stesura della relazione scritta (art. 195 c.p.c.). La relazione scritta non è altro che il lavoro di sintesi, il lavoro conclusivo che il C.T.U. riporta al giudice rispondendo al quesito che in sede di udienza gli è stato affidato.

Tale relazione deve essere depositata in cancelleria entro un termine di giorni indicato dal giudice; se ciò non fosse possibile per impedimenti rilevanti, il C.T.U. può chiedere una proroga del termine per il deposito della relazione.

Il consulente tecnico d’ufficio può essere sostituito o ricusato. La sostituzione può avvenire ad esempio quando vi è un consistente ritardo nel deposito della relazione, o comunque per motivi gravi, la ricusazione si realizza quando viene effettuata una valutazione di inidoneità del consulente.

La figura quindi dello psicologo nel contesto peritale è una figura altra dallo psicologo clinico, i due hanno doveri diversi, quesiti diversi, percorsi formativi diversi… entrambi sono laureati in psicologia ma hanno competenze e conoscenze diverse. Tutti i medici sono laureati in medicina, ma tra loro vi è chi diventa cardiologo, ortopedico etc..

Purtroppo questa concezione di specificità e scientificità della psicologia manca. Forse un po’ per colpa proprio di noi psicologi che abbiamo la presunzione di essere “tuttologi”.

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