Dopo le Linee Guida di Perugia Brindisi anche Salerno si esprime sull’applicazione dell’affidamento condiviso con una nota del dott. Giorgio Jachia Coordinatore della Prima Sezione Civile del Tribunale. Nella nota redatta, partendo dalla risposta giurisdizionale, si analizzano i diversi aspetti che sono fonte di “confusione” nell’applicazione dell’affidamento condiviso e, passo dopo passo, si perviene ad ipotizzare l’utilizzo di nuove terminologie più consone al dettato normativo. L’auspicio è che concretamente la responsabilità bigenitoriale sia affidata ad entrambi genitori con “l’attribuzione ad entrambi i genitori di momenti (quand’anche differenti) di partecipazione alla quotidianeità dei figli….”.
genitori figli
Panorama – Piercing: gli adolescenti li fanno perché le adolescenti li vogliono. E i genitori?
Tratto da Panorama di Nadia Francalacci
Piercing sì o piercing no? Nell’adolescenza la risposta pare dipendere soprattutto dalle ragazze: secondo un’indagine condotta dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza il 16% dei giovanissimi dichiara infatti di avere un piercing, con una percentuale nelle ragazze (12%) tre volte superiore a quella dei ragazzi (4%).
Tra i tanti momenti in cui un genitore non sa come dire qualcosa ad un figlio piccolo o, comunque, si può trovare in difficoltà, è quando, deve comunicare la morte di una persona cara ad esempio un nonno. In tali circostanze soprattutto se il figlio ha pochi anni, il genitore può restare colpito dalla “superficialità” con la quale la notizia è accolta ma ciò non deve assolutamente destare preoccupazione. Come ben sappiamo lo sviluppo cognitivo di un minore procede secondo tappe che si evolvono nel tempo. Ad esempio studi di neuropsicologia infantile insegnano che è presente amnesia infantile1 prima dei 4 anni poiché ancora non si è conclusa la maturazione dei lobi frontali, lo sviluppo della capacità di comprensione tende a concludersi all’età di 13 anni, da questo momento infatti, in generale, il livello di comprensione delle frasi di un bambino è paragonabile a quello di un adulto, così, anche il concetto di morte ha il suo momento. Dai 3 ai 6 anni la morte viene ricollegata solo al fatto che una persona non si può muovere, il minore non sa cosa effettivamente sia la morte, pensa, ad esempio che il padre e la madre non moriranno mai e, soprattutto non hanno la percezione del fatto che la separazione sia permanente. Nel periodo scolare inizia a maturare la consapevolezza che la morte può essere associata alla vecchiaia o alla malattia e inizia a essere compreso il carattere permanente della separazione. Lo sviluppo di tale concetto si consolida intorno all’età dei 9 anni. In questa fase i minori hanno una consapevolezza del concetto di morte paragonabile a quello di un adulto. Essa, non è più solo circoscritta allo stato di immobilità, ma, è allargata anche alle altre funzioni vitali che vengono coinvolte (es. il non respirare, il non battere più del cuore…). Durante una C.T.U., una mamma mi manifestava la sua preoccupazione per il fatto che il figlio non fosse voluto andare al funerale della nonna, alla quale era molto attaccato e della quale in casa vi erano molte foto. Dato che l’età del minore era di 7 anni, io consigliai alla mamma di non insistere, anche perché, come detto sopra, il minore non aveva piena consapevolezza del concetto di morte. I minori, va ricordato, che nonostante comprendano il concetto di morte all’età media di 9 anni, ne hanno tendenzialmente paura, quindi, tendono ad allontanarne l’idea. Solo con l’età adolescenziale il concetto di morte assume una forma interiorizzata e, quindi, date anche le risorse cognitive ed intellettive che il minore possiede, può essere affrontata ed elaborata.
(Per maggiori dettagli rimandiamo al contributo pubblicato su Mente e Cervello, n. 45, settembre 2008)