Ancora un’altra condanna per l’Italia e la sua violazione dell’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo inerente il rispetto della vita familiare (Art. 8 Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo: 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell’ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui).
La storia è quella di un padre che, per otto anni, non è stato messo nelle condizioni di ripristinare il rapporto con la figlia dati i numerosi ostacoli frapposti dalla ex moglie.
La sua vicenda è, purtroppo, simile a quella di altri: denunciato falsamente dalla ex moglie per abusi sessuali sulla figlia, è stato assolto da tutte le accuse ma, nonostante le sentenze che gli avevano dato ragione e le numerose richieste avanzate davanti ai servizi sociali per ripristinare gli incontri, i suoi diritti di visita non sono mai stati realizzati efficacemente tanto che si è andato consolidando l’allontanamento della minore.
Secondo la Corte, nell’ambito delle relazioni familiari, il trascorrere del tempo senza contatti produce conseguenze irrimediabili.
Il fatto che l’Italia non abbia posto in essere tutte le azioni atte a superare l’ostilità della madre e della bambina riuscendo ad assicurare le visite tra quest’ultima ed il padre ha determinato la violazione dell’articolo 8 della Convenzione consapevole che, l’ostilità di uno dei due genitori, non dispensa le Autorità competenti dal porre in essere azioni a tutela del legame familiare.
Sentenza della Corte Europea Strumia c. Italie (n. 53377/13 del 23.06.2016)