Riflessioni a margine della sentenza n. 9157/10 Cass. Pen. Sez. III depositata l’8 marzo. Valida la testimonianza del minore anche se sono state poste domande suggestive. Nell’ambito della testimonianza del minore importante, per i professionisti che operano in tale settore, è stata e, lo è, la sentenza della Cassazione Penale sez. III ottobre 1997 n. 8962 nota come sentenza Ruggeri dove, a fronte di un’attenta analisi, sono state prese in considerazione le raccomandazioni che la psicologia forense e altre discipline implicate da tempo andavano sostenendo sulla testimonianza. In tal senso “La valutazione del contenuto delle dichiarazioni del minore parte offesa in materia di reati sessuali, in considerazione delle complesse implicazioni che la materia stessa comporta, deve contenere un esame dell’attitudine psicofisica del test ad esporre le vicende in modo utile ed esatto; della sua posizione psicologica rispetto al contesto delle situazioni interne ed esterne. Proficuo è l’uso dell’indagine psicologica che concerne due aspetti fondamentali: l’attitudine del bambino a testimoniare, sotto il profilo intellettivo ed affettivo, e la sua credibilità. Il primo consiste nell’accertamento della sua capacità a recepire le informazioni, di raccordarle con altre, di ricordarle ed esprimerle in una visione complessa, da considerare in relazione all’età, alle condizioni emozionali che regolano le sue relazioni con il mondo esterno, alla qualità e alla natura dei rapporti familiari. Il secondo – da tenere distinto dall’attendibilità della prova che rientra nei compiti esclusivi del giudice – è diretto ad esaminare il mondo in cui la giovane vittima ha vissuto e ri- elaborato la vicenda in maniera da selezionare sincerità, travisamento dei fatti e menzogna” (Cass. Pen. Sez. III, 3 ottobre 1997, n. 8962, Ruggeri). Ancora, importante passo in avanti è stato fatto con la sentenza della Cassazione Penale Sez. III n. 37147/07 nella quale enfasi è stata posta su molti elementi tra i quali, significativo, è stato il riconoscimento dato alla Carta di Noto per ciò che concerne la genuinità delle dichiarazioni del minore. Molte infatti sono le variabili implicate nella raccolta delle testimonianza. Per citarne alcune si pensi al problema del ricordo, alle problematiche inerenti la comprensione del linguaggio, la capacità di distinguere tra vero e falso, la capacità di discriminare le assurdità e, senza dilungarmi troppo, notevole importanza viene data al problema della suggestionabilità del minore. La British Psychological Society nel giungo 2008 ha elaborato delle vere e proprie linee guida analizzando le problematiche inerenti la memoria, il problema del ricordo autobiografico nei minori etc. Ancora, il mondo di interrogare i minori prende le mosse dalle linee guida del National Institute of Child Health and Human Development (NICHD) Protocol for Investigative Interview Protocol: “In breve, la ricerca mostra che, anche se i bambini ricordano chiaramente le esperienze che hanno vissuto, la correlazione tra età e memoria è complessa e soggetta ad una varietà di fattori che influenzano la qualità delle informazioni fornite. Per i nostri scopi, forse il più importante di questi fattori è pertinente all’abilità dell’intervistatore di trarre informazioni e dalla volontà e abilità del bambino di esprimerle, piuttosto che dall’abilità del bambino di ricordarle. Come gli adulti, i bambini possono essere testimoni-informatori, e una molteplicità di gruppi di professionisti ed esperti lo hanno riconosciuto, descrivendo una serie di raccomandazioni e indicazioni riguardanti le modalità più efficaci di condurre interviste legali o di tipo investigativo con i bambini (ad esempio: American Professional Society on the Abuse of Children (APSAC), 1990, 1997; Jones, 2003; Lamb 1994; Lamb, Sternberg, & Esplin, 1998; Home Office, 1992, 2002; Orbach, Hershkowitz, Lamb, Sternberg, Esplin, & Horowitz, 2000; Poole & Lamb, 1998; Sattler, 1998; Warren & McGough, 1996). Come sottolineato da Poole and Lamb (1998), questi libri e articoli rivelano un grado sostanziale di consenso riguardo ai modi in cui devono essere condotte le interviste di tipo investigativo, e mettono in luce una convergenza ragguardevole sulle conclusioni suggerite da un’attenta analisi della letteratura empirica e di sperimentazione. Chiaramente, è spesso possibile ottenere informazioni di rilievo dai bambini, ma farlo richiede procedure investigative attente, cosi come una coscienza realistica delle loro capacità e inclinazioni”1.
1 La traduzione in italiano è nostra. Di seguito riportiamo stralcio del contributo in lingua originale. “In brief, the research showed that, although children clearly can remember incidents they have experienced, the relationship between age and memory is complex, with a variety of factors influencing the quality of information provided. For our present purposes, perhaps the most important of these factors pertains to the interviewer’s ability to elicit information and the child’s willingness and ability to express it, rather than the child’s ability to remember it. Like adults, children can be informative witnesses, and a variety of professional groups and experts have recognized this, offering recommendations regarding the most effective ways of conducting forensic or investigative interviews with children (e.g., American Professional Society on the Abuse of Children (APSAC), 1990, 1997; Jones, 2003; Lamb 1994; Lamb, Sternberg, & Esplin, 1998; Home Office, 1992, 2002; Orbach, Hershkowitz, Lamb, Sternberg, Esplin, & Horowitz, 2000; Poole & Lamb, 1998; Sattler, 1998; Warren & McGough, 1996). As Poole and Lamb (1998) pointed out, these books and articles reveal a substantial degree of consensus regarding the ways in which investigative interviews should be conducted, and a remarkable convergence with the conclusions suggested by a close review of the experimental and empirical literature. Clearly, it is often possible to obtain valuable information from children, but doing so requires careful investigative procedures, as well as a realistic awareness of their capacities and tendencies”. In Lamb M.E., Orbach Y., Hershkowitz P.W., Horowitz D., Structured forensic interview improve the quality and informativeness of investigative interviews with children: a review of research using the NICHD Investigative Interview Protocol, Child Abuse Negl. 2007, 31 (11-12), 1201-1231; In tale studio vengono proposte quelle che sono le espressioni che gli intervistatori possono usare e quelle che sono scoraggiate o vietate: Tipologia di espressione Definizione Esempi Facilitatore Espressioni non evocative che permettono di procedere con risposte che aiutino lo sviluppo del racconto. “va bene” “si” “ah” “e così ti ha colpito” (immediatamente dopo che il bambino ha detto “e poi mi ha colpito”) Invito Una richiesta aperta perché il bambino ricordi informazioni riguardo l’evento. Questa può essere formulata come un’affermazione, una domanda, un imperativo. “Dimmi tutto quello che è successo” “dimmi di più su questa cosa” Invito con suggerimento implicito Un tipo di invito che focalizza di nuovo l’attenzione del bambino su dettagli che lui/lei hanno menzionato e li usa come aggangio per suggerire un ricordo ulteriore. Hai parlato di … (evento, azione, oggetto). Dimmi di più” “hai parlato di… (azione). Poi cosa successe?” Direttivo Un espressione che focalizza l’attenzione del bambino su informazioni che sono state già precedentemente menzionate e richiede informazioni aggiuntive di tipo specifico, di norma usando domande che iniziano per particelle interrogative (chi, cosa, quando, dove, come). “di che colore era la maglietta? (quando la maglietta è stata menzionata) “dove/quando è successo?” “dove ti ha toccato?” (quando il bambino ha descritto di essere stato toccato da un uomo) Proporre delle opzioni Un input che focalizza l’attenzione del bambino su aspetti o dettagli non precedentemente menzionati, per richiedere conferma o negoziazione o per selezionare un’opzione data dall’intervistatore. “ti ha fatto male?” “eri vestito quando è successo?” “ti ha toccata sopra o sotto i vestiti?” Evocative Un enunciato che presume informazioni non svelate dal bambino o che implica l’attesa di una particolare risposta. “faceva male quando ti ha infilato il dito?” (quando il bambino ha menzionato penetrazione digitale) “ti voleva baciare non è vero?” Nota: molti ma non tutti gli enunciate si inseriscono in una di queste categorie. La ricerca si focalizza solo sui suggerimenti sostanziali ossia quelli che si focalizzano sull’evento che è oggetto d’indagine. Così, per esempio, le domande fatte durante la fase di costruzione del rapporto non verranno contate quando descriveremo il comportamento dell’intervistatore2. Tutta la letteratura internazionale prende quindi in seria considerazione la suggestione la quale è intesa come “… un processo di comunicazione che induce un soggetto ad accettare in assenza, di validi elementi di convincimento, quanto gli viene suggerito. La suggestionabilità fa riferimento, invece, alla tendenza del soggetto a rispondere in un dato modo alla suggestione e al
2 Ibidem. Anche in questo caso la traduzione è nostra e riportiamo la versione della tabella in lingua originale. Table 1 Taxonomy of Investigative Utterance Types Utterance type Definition Examples Facilitator Non-suggestive prompt to continue with an ongoing response. “Ok” “Yes” “Uh-huh” “So he hit you” (immediately after child said “and then he hit me.”) Invitation An open-ended request that the child recall information about the incident. Can be formulated as a statement, question, or imperative. “Tell me everything that happened.” “Tell me more about that.” Cued invitation A type of invitation which refocuses the child’s attention on details s/he mentioned and uses them as cues to prompt further free-recall of information. “You mentioned [event, action, object]. Tell me more about that.” “You mentioned [action]; then what happened?” Directive A cued-recall prompt that focuses the child’s attention on information already mentioned and requests additional information of a specific sort, typically using wh-questions (who, what, when, where, how). “What colour was that shirt?” (When the shirt had been mentioned). “Where/when did that happen?” “Where did he touch you?” (When the child has described been touched by a male). Option- posing A prompt that focuses the child’s attention on aspects or details not previously mentioned, requiring confirmation, negation, or selection of an interviewer-given option. “Did it hurt?” “Were your clothes on when that happened?” “Did he touch you over or under your clothes?” Suggestive An utterance that assumes information not disclosed by the child or implies that a particular response is expected. “Did it hurt when he put his finger in you?” (When the child has not mentioned digital penetration) “He wanted you to kiss him, didn’t he?” Note: Most but not all utterances fit into one of these categories. The research focused only on substantive prompts–those focused on the incident under investigation. Thus, for example, questions during rapport- building would not be counted when describing the interviewer’s behaviour. contesto interattivo. Pertanto, mentre la suggestione riguarda le caratteristiche di uno stimolo, la suggestionabilità richiama le caratteristiche della persona che risponde allo stimolo suggestivo”3 . Purtroppo in Italia, succede tutto il contrario di tutto ed ecco che, incurante di tutto quanto brevemente evidenziato precedentemente, la sentenza n. 9157/10 della sezione terza depositata l’8 marzo, disattende tutto e, a fronte di domande suggestive e di inottemperanza della Carta di Noto, rigetta il ricorso presentato dall’imputato. Tutti noi sappiamo bene che la Carta di Noto non ha valore normativo, che si tratta di una serie di indicazioni per coloro che sono chiamati ad ascoltare il minore ma, tali considerazioni, a mio modesto parere, non possono e non devono diventare un’autorizzazione a rendere l’ascolto del minore una serie di contraddizioni scientifiche. Non rispettare lo sviluppo del minore e le sue caratteristiche vuol dire non rispettare il minore stesso. In altro senso, è come se ci limitassimo a sentirlo, ma non ad ascoltarlo.
3 De Cataldo Neuburger L., “Esame e controesame nel processo penale. Diritto e Psicologia”, Seconda Edizione, Cedam, Padova, 2008;