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Valutazione del danno esistenziale. Una nuova proposta la S.V.A.R.P. II (Scala di Valutazione delle Attività Realizzatrici della Persona)

di Sara Pezzuolo

A seguito della nascita della nuova categoria del danno esistenziale i professionisti in ambito peritale hanno dovuto prendere atto della mancanza di uno strumento adeguato alla sua valutazione. Infatti, come si può calcolare un danno che lede i valori inerenti la persona1? E come porsi di fronte al problema della prova del danno esistenziale?

Per ciò che concerne il nuovo codice delle Assicurazioni il problema risulta limitato se il soggetto preso in esame riporta un danno biologico. Esso, infatti, presuppone, di per sé, l’esistenza di un danno esistenziale ma, nel caso in cui un soggetto non subisca una lesione dell’integrità psico-fisica ma “solo” una “… limitazione alle quotidiane attività realizzatrici” (danno esistenziale non biologico) come comportarsi? In altre parole, come fare a quantificare un “non poter più fare” o “un dover compiere altrimenti”? Ancora, come poter calcolare un’alterazione peggiorativa nelle abitudini di vita e, quindi, nella quotidianità della persona?

Da qui l’esigenza di sviluppare una nuova e corretta metodologia d’indagine, che non trascuri l’individualità del soggetto in esame e, che, sia in grado di fornire alla giurisprudenza una corretta lettura della consulenza tecnica peritale e una stima adeguata del danno.

Gli strumenti al momento presenti in letteratura (ad esempio l’SF-36) non sembrano, a mio parere, idonei a valutare un’alterazione di per sé intrinseca nella definizione stessa di danno esistenziale; ciò non per problemi metodologici o di standardizzazione, ma per una visione troppo “medicalizzata” del problema.

Il danno esistenziale non è e non vuole essere una patologia organica o psicologica, ma vuole essere riconosciuto in maniera prioritaria ed in piena autonomia come “un poter più fare od un fare altrimenti” in senso lato.

Da qui cresce l’esigenza della costruzione della S.V.A.R.P. II (Scala di Valutazione delle Attività Realizzatrici della Persona). Tale strumento deriva dalla sperimentazione della S.V.A.R.P. I.

Il nome stesso che, assieme al co-autore Dott. Angelo Bianchi3 abbiamo dato al questionario, la dice lunga su quello che era il nostro obiettivo finale, su ciò che volevamo trovare e su come, quindi, dovevamo ragionare.

Il test si sviluppa sulla base di materiale presente in letteratura in tema di qualità della vita e di benessere psicosociale, associato a temi che concernono una corretta valutazione neuropsicologica del danno4, per adattarsi alle esigenze forensi di stima e quantificazione. La S.V.A.R.P., quindi, ha come obiettivo la descrizione e la quantificazione delle conseguenze di un evento negativo sull’insieme delle attività realizzatrici della persona esaminata, cioè sulla sua vita quotidiana e sull’insieme dei suoi rapporti e delle sue relazioni sociali. Come tale, si applica sia alle conseguenze negative derivanti da un’eventuale lesione dell’integrità psicofisica (c.d. Componente dinamico-relazionale del danno biologico, così come definito dagli artt. 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni private), sia alle compromissioni derivanti dalla lesione di eventuali altri diritti od interessi della persona, diversi dalla salute, purché considerati meritevoli di tutela giuridica.

Lo strumento consiste in un’intervista semi-strutturata con il soggetto che viene guidato dall’esaminatore in una esplorazione sistematica ed approfondita di ogni singola attività della vita quotidiana. Come per l’M.M.P.I.-2 (Minnesota Multiphasic Personality Inventory -2), la sorgente primaria dei dati è l’autodescrizione del soggetto (self-report). Diventa centrale comprendere l’alterazione comportamentale di un soggetto in relazione alle caratteristiche di personalità dello stesso, l’importanza che per lui assume l’interesse violato all’interno della sua vita e della sua storia personale.

Lo strumento:

Lo strumento, come detto, sopra consiste in una intervista semi-strutturata che valuta un massimo di 51 attività realizzatrici suddivise in cinque aree5 identificate, per maggiore semplicità, con le prime cinque lettere dell’alfabeto:

Area A: Area Biologico-Sussistenziale;

Area B: Area Relazioni Familiari ed Affettive;

Area C: Area Lavoro/Area Scolastica;

Area D: Area Sociale;

Area E: Area Svago e Sviluppo Personale.

La S.V.A.R.P. II, così come la versione che la precede, presuppone l’esistenza di due protocolli, uno per l’intervista con il periziando, l’altro per una valutazione da parte dell’esaminatore.

Ipotesi:

L’ipotesi di partenza è che il danno esistenziale può essere calcolato sulla base di ragionamenti statistici arrivando, così, ad ottenere una percentuale attraverso un test che, seppur standardizzato, tiene conto dell’individualità e del contesto di vita del soggetto da testare.

Fase di costruzione dello strumento:

Una volta individuate le attività realizzatrici considerate importanti si è proceduto alla valutazione della comprensione linguistica tramite l’inchiesta con soggetti che avevano un livello scolastico basso (3° media). E’ stato predisposto un frontespizio per la raccolta delle informazioni inerenti il soggetto che viene valutato. Oltre ad una breve anamnesi, non dissociabile da un colloquio clinico, viene indagata la rete sociale di inserimento del soggetto, le attività extra-lavorative, lo stato di salute, il tipo di lavoro svolto, il livello di scolarità,etc.. Il protocollo dell’esaminatore consiste in un continuo feed-back tra quanto emerso nel protocollo di somministrazione e le valutazioni effettuate dall’esaminatore. Infatti, per vagliarne la credibilità, il dato soggettivo viene continuamente sottoposto ad un controllo tramite esemplificazioni, approfondimenti, riferimenti a dati e circostanze fattuali, confronti con altre parti dell’intervista stessa o con diversi momenti temporali. Queste tecniche di controllo, finalizzate a stimare il grado di coerenza e di attendibilità del self-report, sono analoghe a quelle utilizzate in ambito psichiatrico forense nella valutazione della credibilità dei sintomi riferiti in contesti di valutazione della capacità d’intendere e di volere6. Ciò che il soggetto riferisce viene utilizzato, prima che per descrivere la realtà, per convalidare l’attendibilità di quanto riferito.

Per valutare quantitativamente le interferenze riferite che hanno inciso sulla vita quotidiana del periziando, è stato costruito un cartoncino che consta di una scala nominale a cinque livelli che prevede un’escalation d’interferenza da “In nessun modo” a “Hanno totalmente modificato la mia quotidianeità” che viene posto davanti al periziando invitato ad indicare una soluzione tra quelle proposte.

Soggetti:

Una volta steso il primo protocollo (S.V.A.R.P. I) si è proceduto alla prima fase sperimentale che prevedeva la somministrazione della S.V.A.R.P. a soggetti che avevano in corso o, che avevano avuto, una valutazione in materia di risarcimento del danno ivi compreso il danno esistenziale. La scelta del campione prevedeva una diversa estrazione sociale, eventi critici diversi (lutto, mobbing, colpa medica etc.) di diverse fasce di età. Si è ritenuta idonea come età di partenza per la somministrazione della S.V.A.R.P. un’età uguale o maggiore di 16 anni.

Attendibilità tra i somministratori:

Per valutare il grado di accordo tra somministratori diversi, il medesimo protocollo è stato siglato da due o più esaminatori ed è emersa una concordanza pressoché unanime nella valutazione.

Ricerca:

Dopo aver letto le istruzioni al soggetto si somministrava l’intervista. Questa avveniva di preferenza in un’unica seduta e la somministrazione era individuale. Lo sperimentatore leggeva a voce alta al periziando le domande e trascriveva nel protocollo le relative risposte. Si faceva presente al soggetto che non in tutte le attività indagate potevano emergere difficoltà e si precisava che l’indagine si riferiva al momento attuale della sua esistenza (ora). Ciò era determinante poiché nella seconda parte dell’intervista la medesima attività realizzatrice veniva messa a confronto con il prima “Prima di avere queste difficoltà……..” in tal modo la soluzione che si poneva davanti all’esaminatore nel suo protocollo di valutazione era anche di tipo differenziale.

La fase sperimentale partiva dall’analisi delle attività realizzatrici che avevano ottenuto almeno una valutazione di attendibilità minima. Sulla base del primo campione di riferimento sono emerse, nonostante un precedente screening, difficoltà di comprensione per alcune attività realizzatrici che, nella seconda versione (S.V.A.R.P. II), sono state ulteriormente semplificate.

Tale procedura, però, non ci soddisfaceva e abbiamo ulteriormente modificato il sistema di valutazione rendendolo più affidabile e preciso.

Una volta semplificate ulteriormente le aree che risultavano poco comprensibili e lasciato inalterato il restante protocollo di somministrazione, ci siamo concentrati su due fattori che secondo noi assumevano un’importanza rilevante dal punto di vista clinico-forense: l’intensità (I) e la durata (D) delle difficoltà. Il protocollo dell’esaminatore è stato così integrato da una scala ad intervalli regolari di 4 mesi (sulla base dei criteri del D.S.M. IV periodo di permanenza minimo dei sintomi per effettuare una diagnosi sono 3 mesi) che andava a sostituire in “quanto” la precedente domanda aperta della prima versione “da quando…”. Ad ogni intervallo regolare di tempo è stato assegnato un coeficiente da 0,1 a 1 (pari al 10% e 100%), ed anche i punteggi di differenza che si riscontravano tra “ora” e “prima” che, nella prima versione erano semplicemente riportati, sono stati posizionati su una scala Likert a 5 livelli con punteggi di differenze inclusi tra 0 e 4.

A questo punto l’esaminatore è in grado di ottenere un coefficiente che altro non è che il prodotto dell’intensità (I) per la durata (D). Come nella precedente versione abbiamo considerato valutabili solo le attività che ottenevano almeno un’attendibilità minima, ma, in questo caso, viene presa in considerazione anche l’ipotesi che l’area non possa essere valutata, magari per mancanza di opportunità, e ciò pur non incidendo sulla percentuale finale di danno, deve comunque essere tenuto in considerazione al momento della stesura della relazione.

Una volta individuate quindi le attività valutabili ed i rispettivi coef. I*D di ogni singola attività realizzatrice si procede alla costruzione di un grafico che offre, fin dal primo momento, una panoramica delle difficoltà del soggetto in esame. Per arrivare alla percentuale del danno esistenziale si procede tramite l’analisi dei risultati.

Analisi dei risultati:

Dopo aver riportato i singoli coeficienti di I*D si fa la sommatoria (Σ coef. I*D). La percentuale di danno altro non è che il risultato del rapporto fra la Σ coef. I*D/ n° delle attività valutate. Si ottiene così un valore compreso tra 4 e 0. Il valore medio di 4 corrisponde ad una percentuale di danno del 100%.

Risultati:

I risultati ottenuti attraverso la prima versione ed in particolare, attraverso la seconda versione della S.V.A.R.P., più precisa e dettagliata, hanno dato risultati inaspettati anche per noi. Alcuni periziandi ci hanno fatto notare che avevamo indagato in maniera approfondita ogni singola realtà delle vita quotidiana e, grazie alla riflessione implicita che avevano dovuto fare durante la somministrazione del test, avevano preso coscienza di difficoltà che fino a quel momento avevano preso solo in minima considerazione. La precisione poi dei risultati dello strumento, assieme alle informazioni ottenute dal colloquio clinico, forniva ai nostri interlocutori, sia essi avvocati che giudici, una percentuale precisa e affidabile di quello che poteva essere il danno presente nel soggetto tutto supportato dalla letteratura e dal ragionamento scientifico che avvalorava le conclusioni.

Ciò che in sintesi mi auguro è che questo strumento, di per sé molto utile nelle valutazioni in merito al danno esistenziale, trovi il giusto e meritato appoggio da tutti coloro che, nelle loro consulenze, si rendono conto di non poter prescindere da criteri di scientificità e validità7.

Bibliografia:

Bianchi A. (a cura di), “La valutazione neuropsicologica del danno psichico ed esistenziale”, Cedam. Padova, 2005;

Bianchi A., Pezzuolo S., “Primi quesiti in materia di danno esistenziale. Come se la cavano i “nuovi” consulenti del giudice” in www.personaedanno.it

Bilotta F., “Prova e quantificazione del danno esistenziale” in www.personaedano.it;

Cassano G., “In tema di prova e valutazione del danno esistenziale. Una proposta interpretativa: L’Equità Calibrata”, in www.altalex.it;

Liccardo T., Tortono F., Tortono M., “Il danno esistenziale: rilevazione e quantificazione attraverso l’International Classification of Functioning Disability and Health (I.C.F.)”. Convegno Internazionale “Le nuove tutele. Danno esistenziale-Amministrazione di sostegno- Diritti del malato terminale”, Napoli, 19-20 aprile 2007;

Mascia A., “Riflessioni su danno esistenziale e prova documentale” in www.personaedanno.it;

Mazzon R., “Danno psichico e danno esistenziale a confronto nella giurisprudenza di merito” in www.personaedanno.it;

Mazzon R., “ Il ruolo del giurista nell’identificazione e valorizzazione del danno psichico”in www.personaedanno.it;

Negro A., “Il danneggiato deve provare il danno esistenziale lamentato” in www.personaedanno.it;

Rossi R., “Responsabilità civile e danno non patrimoniale” in www.personaedanno.it;

Rossi R., “Il risarcimento del danno esistenziale. Prova e quantificazione del danno esistenziale” in www.personaedanno.it;

Sammicheli L., Sartori G., “Il danno alla qualità della vita. Trattato “La prova e il quantum del danno biologico, esistenziale e morale”, in www.personaedanno.it;

Sammicheli L., Pisoni C., Sartori G., “I.C.F., classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute: possibili applicazioni in tema di danno alla persona” in www.personaedanno.it;

Tampieri M., “Il danno esistenziale risarcibile. La casistica.” in www.personaedanno.it;

1Cass. 31.05.2003 n. 8828; Cass. Sez. U., 24.03.2007 n. 6572; Cass. 6.2.2007 n. 2546; per una maggiore chiarezza espositiva rimandiamo a Tampieri M., “Il danno esistenziale risarcibile” in www.personaedanno.it

2Cassano G., “In tema di prova e valutazione del danno esistenziale. Una proposta interpretativa: l’equità calibrata” in www.altalex.it; Bilotta F., “Prova e quantificazione del dano esistenziale” in www.personaedanno.it;

3Neuropsicologo presso il Dipartimento di Salute Mentale U.S.L. 8 di Arezzo;

4Bianchi A. (a cura di), “La valutazione neuropsicologica del danno psichico ed esistenziale”, Cedam. Padova, 2005

5Rossi R., “Il risarcimento del danno esistenziale. Prova e quantificazione del danno esistenziale”, Convegno di Bolzano, 29 giugno 2007 in www.personaedanno.it; Bilotta F., “Prova e quantificazione del danno esistenziale” in www.personaedanno.it;

6Le più conosciute di queste scale, molto diffuse in ambito psichiatrico forense sono la S.I.R.S. (Structured Interview for Reported Symptoms) di Roger e la M-F.A.S.T. (Miller Forensic Assessment of Symptoms Test) di Miller.

7Bianchi A., Pezzuolo S., “Primi quesiti in materia di danno esistenziale. Come se la cavano i “nuovi” consulenti del giudice” in www.personaedanno.it

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