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Il Ministero della Salute sull’alienazione genitoriale: considerazioni in merito

di Sara Pezzuolo

È del 29 maggio u.s. la risposta del Ministro della Salute, On. Roberto Speranza, all’interrogazione presentata in Senato in data 30 ottobre 2019, n. 4-02405 da alcuni Senatori sulla questione PAS (sindrome di alienazione genitoriale) e PA (alienazione genitoriale)

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/18/Sindisp/0/1125214/index.html?fbclid=IwAR37FX2SyhW8TBbfftHyUlwJy2Zpo2XIPW3We4Awud8S5LT1gyG1K7rLbsM.

La risposta del Ministro ha, a parere della scrivente, alcuni passaggi significativi:

  1. La “sindrome” di alienazione genitoriale è ascientifica e non ha dati a sostegno.
  2. La PAS (cioè la sindrome di alienazione genitoriale) è un disturbo della relazione.
  3. L’alienazione genitoriale rappresenta un grave fattore di rischio evolutivo per lo sviluppo psicologico e affettivo del minore stesso.
  4. Nel 2012 già il Ministero della Salute aveva dichiarato la non attendibilità della PAS (la c.d. sindrome).
  5. Se vengono segnalati casi di diagnosi di PAS da parte di medici o psicologici, il Ministero della salute ha cura di informare gli Ordini professionali per accertamenti sulle eventuali violazioni deontologiche perché non devono essere riconosciute patologie prive delle necessarie evidenze scientifiche.

Nel merito, mi sembra che la risposta del Ministro sia un po’ confusiva.

Vero che la sindrome di alienazione genitoriale non c’è, non esiste, poiché non esiste una sindrome ma esiste un disturbo della relazione.

Ovvio che allora, se siamo d’accordo che esiste un disturbo della relazione (che non è una sindrome), perché tornare all’acronimo PAS di cui al punto 2?

Ancora, cfr. punto 3, si riconosce l’alienazione genitoriale non come disturbo individuale ma come un grave fattore di rischio per lo sviluppo psicologico e affettivo del minore stesso, ma, si ritorna a dissertare sulla non attendibilità della PAS.

Sembrerebbe, a parere della scrivente, che anche il Ministro abbia equiparato la PAS alla AP come nell’interrogazione parlamentare in oggetto, facendo confusione tra una diagnosi che non esiste, quella di sindrome di alienazione genitoriale, e un disturbo relazionale (che ha gravi conseguenze sui figli) denominata alienazione genitoriale che rientra (come il documento riporta) nell’ambito dei problemi relazionali genitore-figli (cfr. DSM-5).

Seppure comprensibile che la questione sia annosa e controversa, sarebbe bastato che si negasse l’esistenza di una sindrome – che non esiste – dedicando maggiore attenzione al fenomeno della alienazione genitoriale quale fenomeno esistente senza confondere i due diversi costrutti.

D’altronde laddove il Ministro fa riferimento al fatto che “Anche le Società Scientifiche di psichiatria italiane, oltre a non riconoscere tale disturbo come patologia, non ritengono giustificati interventi terapeutici specifici”  si dimentica (al di là dell’intervento terapeutico) che la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza già nel 2007 riconosceva il fenomeno della c.d. alienazione genitoriale come possibile causa di maltrattamento psicologico evidenziando che essendo un fenomeno (al pari del mobbing, dello stalking) essa è tale a prescindere dal riconoscimento di disturbi identificabili come sintomatici.

E ancora, in riferimento alla Corte di Cassazione n. 7041/2013 “In secondo luogo, colpisce come la Suprema Corte abbia espresso il proprio parere senza fare riferimento ai criteri enunciati nella sentenza Cozzini (Cass. Pen. 17.09.10, n. 43786) la quale ha dettato i criteri per stabilire i criteri di scientificità di una teoria tra cui la “generale accettazione” della teoria stessa da parte della comunità di esperti. Sotto questo profilo, si sottolinea come esista una vasta letteratura nazionale ed internazionale che conferma la scientificità del fenomeno della Parental Alienation, termine questo da preferirsi a quello di PAS; negli Stati Uniti ad esempio tale costrutto ha superato i criteri fissati dai Frye e Daubert Rules per essere riconosciuti come scientificamente validi dalle competenti autorità giudiziarie”.

Infine, se un professionista della salute mentale pone in essere diagnosi di PAS, giustamente, deve essere segnalato al rispettivo Ordine professionale perché riconoscerebbe una patologia priva delle necessarie evidenze scientifiche [n.d.a. in realtà riconoscerebbe, più semplicemente, una sindrome di fantasia], ma, se un professionista riconosce un’alienazione genitoriale cosa succede?

Ordunque, bene l’idea di promuovere studi e riflessioni al fine di definire criteri ma, primariamente, forse occorrerebbe comprendere che si parla di un fenomeno, l’alienazione genitoriale è un fenomeno e come tale, perché dovrebbe avere criteri diagnostici? Esistono criteri diagnostici per definire lo stalking? Quali sono i criteri diagnostici per definire il fenomeno del mobbing?

È pensiero della scrivente che la risposta prodotta all’esito dell’interrogazione parlamentare n. 4-02405 del Ministero della Salute non abbia portato ad alcuna chiarezza scientifica circa il costrutto di alienazione genitoriale, quale dinamica relazionale disfunzionale alla quale contribuiscono i genitori ed i figli e che rappresenta un “grave fattore di rischio evolutivo per lo sviluppo psicologico ed affettivo del minore stesso” [cfr. pag. 2 della risposta all’interrogazione].

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