Con l’ordinanza 26839/16 della Corte Suprema di Cassazione VI sez. civile L depositata il 22 dicembre 2016, la Corte è tornata a rispondere alla questione legata agli spazi di manovra del CTU nell’acquisizione di ulteriori elementi, anche documentali, utili per l’assolvimento dell’incarico. L’attenzione in questo caso, è sul limite di un impostazione troppo ampia che faccia, della CTU, lo strumento per superare il mancato soddisfacimento dell’onere probatorio trasformando la sua natura in un contenuto “meramente esplorativo”.
Sentenze
Il Maternal Preference non è criterio giuridicamente valido per decidere in merito al collocamento del minore
In tema di collocamento del minore il criterio guida è il superiore interesse di quest’ultimo non essendo, il concetto del Maternal Preference, criterio giuridicamente valido.
Questa la posizione del Tribunale di Milano il quale rileva che l’argomento desumibile dalla recente sentenza di Cassazione n. 18087 del 14.09.2016 (il c.d. criterio della Maternal Preference) non era stato “tempestivamente contestato” ed era divenuto pertanto elemento passato in giudicato.
Nel decreto del Tribunale di Milano sez. IX civile del 13-19 ottobre 2016 si afferma che “(…) il principio di piena bigenitorialità e quello di parità genitoriale hanno condotto all’abbandono del criterio della “maternal preference” a mezzo di “gender neutral child custody laws”, ossia normative incentrate sul criterio della neutralità del genitore affidatario, potendo dunque essere sia il padre, sia la madre, in base al solo preminente interesse del minore, il genitore di prevalente collocamento non potendo essere il solo genere a determinare una preferenza per l’uno o l’altro ramo genitoriale; normative del genere sono univocamente anche quelle da ultimo introdotte in Italia dal Legislatore in particolare, la legge 54 del 2006; ma anche la legge 219 del 2012 e il dlgs 154 del 2013)”
Il Giudice può disattendere la conclusioni di una CTU?
La risposta a questo quesito è stata fornita dalla sentenza n. 369936 della Corte di Cassazione, sez. V penale, del 6.09.2016.
Esprimendosi su questa tematica la Suprema Corte afferma: “E’ infatti, parimenti pacifico che in tema di istruzione dibattimentale, quando sia necessario svolgere indagini od acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze, il Giudice può ritenere superflua la perizia quando pensi di poter giungere alle medesime conclusioni di certezza sulla base di altre e diverse prove; non gli è, consentito di rinunciare all’apporto dei perito per avvalersi direttamente di proprie, personali, specifiche competenze scientifiche, tecniche ed artistiche.
Risarcimento danno da pregiudizio esistenziale: il padre che trascura i figli
Risarcimento danno da pregiudizio esistenziale: il padre che trascura i figli
Data la rilevanza che assume il ruolo della funzione genitoriale paterna ai fini del benessere psico-fisico dei figli, reputo interessante condividere alcuni passaggi di due sentenze di Cassazione meritevoli di attenzione ai fini della richiesta di un risarcimento danni di natura non patrimoniale.
Tali riflessioni possono trovare plauso non solo ai fini di un risarcimento del danno biologico di tipo psichico ma anche, e direi soprattutto, nel caso di risarcimento della componente del pregiudizio esistenziale preso atto che, la famiglia (ed il legame parentale) è la prima sede di autorealizzazione e di crescita delle persona ove il rispetto della dignità e della personalità di ognuno assumono i connotati di un diritto inviolabile
Nello specifico, interessanti spunti di riflessione li ho ritrovati nelle sentenze della Cassazione n. 5652/2012 e n. 16657/2014.
Della prima sentenza, trovo interessante l’accezione dei diritti della persona con riferimento alla “qualità di figlio”. Si tratta di una situazione nella quale, il padre, pur essendo a conoscenza della paternità se ne era completamente disinteressato per anni.
L’attendibilità del testimone rientra nei compiti esclusivi del Giudice (Corte di Cass., sez. III pen. n. 28935 del 12.07.2016)
Il giudice può fare ricorso ad una indagine tecnica che fornisca dati inerenti al grado di maturità psichica del teste minore vittima di abusi sessuali solo al fine di valutarne l’attitudine a testimoniare, ovvero la capacità di recepire le informazioni, di raccordarle con altre, di ricordarle e di esprimerle in una visione complessiva che non sia compromessa dalla presenza di eventuali alterazioni psichiche, ma non anche per valutare ed accertare l’attendibilità delle risultanze della prova testimoniale, poiché tale operazione rientra nei compiti esclusivi del giudice
Suprema Corte di Cassazione, sez. III penale
sentenza 12 luglio 2016, n. 28932
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIALE Aldo – Presidente
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere
Dott. MANZON Enrico – Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – rel. Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro Maria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1378/2015 della Corte di appello di Palermo del 25 marzo 2015;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. MAZZOTTA Gabriele, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentito, altresì, per il ricorrente l’avv. (OMISSIS), del foro di Palermo, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: Strumia c. Italia (n. 53377/13). Strasburgo, 23.06.2016
Ancora un’altra condanna per l’Italia e la sua violazione dell’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo inerente il rispetto della vita familiare (Art. 8 Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo: 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell’ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui).
Affidamento dei figli minori: l’importanza di verificare le motivazioni del rifiuto
In questi giorni sul web sta circolando una interessante sentenza della Cassazione, I sez. Civ, n. 6919/16, la quale, avendomi vista tra i professionisti coinvolti nella vicenda, non può che trovarmi concorde.
La Sentenza è interessante in tutte le sue parti. Il testo (allegato) merita un’approfondita lettura perché i Giudici della Suprema Corte, con semplicità ma con altrettanta precisione, ricordano e confermano l’importanza delle motivazioni che sottostanno al rifiuto del figlio di uno dei genitori confermando che, tra i requisiti della idoneità genitoriale, rileva anche la capacità del genitore di riconoscere le esigenze affettive del figlio che si individuano pure nella capacità di preservargli la continuità delle relazioni parentali attraverso il mantenimento della trama familiare al di là di egoistiche considerazioni di rivalsa sull’altro genitore.
E’ quindi importante, in ottemperanza all’art. 8 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo e in accordo con la sentenza della CEDU del 9.01.2013 n. 25704 L.C. Rep. Italiana, che l’assenza di collaborazione tra genitori comporta una grave violazione del diritto del figlio al rispetto della vita familiare e le Autorità Nazionali hanno l’obbligo di ricercare ogni mezzo efficace al fine di garantire il diritto del minore a frequentare adeguatamente e tempestivamente entrambi i genitori.
Il principio soggiacente alla decisione della Suprema Corte è quindi che: “in tema di affidamento dei figli minori, qualora un genitori denunci comportamenti dell’altro genitore affidatario o collocatario, di allontanamento morale e materiale del figlio da sé, indicati come significativi di una PAS (sindrome di alienazione parentale), ai fini della modifica delle modalità di affidamento, il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità in fatto dei suddetti comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia, incluse le presunzioni, ed a motivare adeguatamente, a prescindere dal giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena”.
Il danno da pregiudizio esistenziale risarcibile anche in assenza di danno biologico
Ancora una sentenza della Cassazione che ribadisce l’importanza del risarcimento del danno da pregiudizio esistenziale. Il diritto ad avere una “vita attiva”, così definita, altro non fa che ribadire il concetto instrinseco della natura insita nella definizione del danno da pregiudizio esistenziale concepito dai suoi estensori fin dalle sue origini.
http://www.personaedanno.it/?option=com_content&view=article&id=48461
Il danno da esistenziale, consistente nello sconvolgimento delle abitudini di vita del soggetto danneggiato, è risarcibile. Così la S.C. in oggetto: “La categoria generale del danno non patrimoniale – che attiene alla lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da valore di scambio – presenta natura composita, articolandosi in una serie di aspetti (o voci) aventi funzione meramente descrittiva, quali il danno morale (identificabile nel patema d’animo o sofferenza interiore subiti dalla vittima dell’illecito, ovvero nella lesione arrecata alla dignità o integrità morale, quale massima espressione della dignità umana), quello biologico (inteso come lesione del bene salute) e quello da perdita del rapporto parentale definito anche esistenziale (costituito dallo sconvolgimento delle abitudini di vita del soggetto danneggiato), dei quali – ove essi ricorrano cumulativamente – occorre tenere conto in sede di liquidazione del danno, in ossequio al principio dell’integrante del risarcimento, senza che a ciò osti il carattere unitario della liquidazione, da ritenere violato solo quando lo stesso aspetto (o voce) venga computato due (o più) volte sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni. Cass., Sentenza n. 1361 del 23/01/2014”