Home ArticoliContributi generali Panorama – Piercing: gli adolescenti li fanno perché le adolescenti li vogliono. E i genitori?

Panorama – Piercing: gli adolescenti li fanno perché le adolescenti li vogliono. E i genitori?

di Sara Pezzuolo

Tratto da Panorama di Nadia Francalacci

 

Piercing sì o piercing no? Nell’adolescenza la risposta pare dipendere soprattutto dalle ragazze: secondo un’indagine condotta dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza il 16% dei giovanissimi dichiara infatti di avere un piercing, con una percentuale nelle ragazze (12%) tre volte superiore a quella dei ragazzi (4%).

Molto più emancipate e decise dei loro coetanei, pare poi che in molti casi siano proprio le adolescenti a convincere gli adolescenti maschi – una volta compiuti i 16 anni – a fare il primo piercing, secondo dinamiche relazionali che finiscono assai spesso per escludere qualsiasi confronto con i genitori (chiamati comunque a dare il loro consenso per il minore) e che cerchiamo di analizzare con la dottoressa Sara Pezzuolo, psicologa giuridica. “Innanzitutto è necessario fare una premessa”, esordisce l’esperta: “le relazioni sentimentali tra adolescenti sono caratterizzate da esclusività e sentimenti totalizzanti, trovando quindi forma nel “rispecchiamento” nell’altro/a. E’ in questo meccanismo che si può appunto collocare l’influenza delle ragazze, a quanto pare più predisposte a farsi un piercing, a influenzare anche la scelta dei loro coetanei”.

A detta di molti padri e madri, l’influenza delle amiche o fidanzatine sembra “offuscare” ogni ragionamento da parte del maschietto. Come si devono allora comportare i genitori?
“I genitori devono consapevolmente prendere atto che questo passaggio è bene o male intrinseco al percorso di crescita del figlio ed anche del suo processo di individuazione. ‘L’offuscamento’, se così si può chiamare, fa parte di questo momento: è un ‘corridoio’ che è necessario attraversare per accedere alla ‘stanza’ successiva. In modo autonomo, perché l’adolescenza è quella fase in cui il genitore deve prima camminare a fianco al figlio per poi, piano piano, spostarsi dietro”.

Un “no” deciso e fermo da parte dei genitori quali reazioni potrebbe invece innescare?
“Le reazioni a un ‘no’ non possono essere generalizzate. Il ‘no’ è una negazione di un qualcosa e l’accettazione del rifiuto rientra nella capacità di tollerare la frustrazione. Ciascun individuo ha una propria soglia di tolleranza alla frustrazione, che si ‘impara’ fin da piccoli. In questo senso, occorre insegnare ai propri figli fin da bambini che esiste il ‘no’ e il ‘sì’, che si può o non si può fare una cosa”.

Ha senso assecondare la richiesta del figlio per quieto vivere, per evitare altre conflittualità?
“Ha senso non assecondare, ma ‘rispettare’ le richieste del figlio quando, previo dialogo, il genitore comprende che, al di là di tutto e di qualsiasi influenza per così dire ‘esterna’, la richiesta del ragazzo fa parte del suo processo di autodeterminazione. Non sempre i genitori possono condividere le scelte dei figli, ma la responsabilizzazione del figlio prevede anche il rispetto delle sue scelte”.

Una regola che vale invece proprio per tutti?
“La comunicazione, il dialogo, e sin dall’inizio. All’adolescenza ci si arriva all’interno di un percorso di vita e ogni età ha le sue dinamiche relazionali. Sicuramente l’adolescenza pone in essere nuovi disequilibri perché si ‘scontrano’ identità formate (quelle dei genitori) con identità in divenire (quelle dei figli). In termini assoluti, non solo riguardo a scelte estetiche come il piercing, il problema non è quindi che arriva l’adolescenza, ma che la sua gestione dipende da ciò che si è costruito negli anni precedenti”. 

 

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