Home Sentenze L’ascolto del minore nelle controversie per l’affidamento dei figli

L’ascolto del minore nelle controversie per l’affidamento dei figli

di Sara Pezzuolo

In materia di CTU per l’affidamento dei minori un momento significativo è l’ascolto di quest’ultimo. È tuttavia necessario ricordare che, l’ascolto del minore, altro è dal “sentire” il minore circostanza che, tristemente, troppo spesso si concretizza nelle consulenze tecniche di ufficio.

Ascoltare il minore vuol dire empatia e comprensione ma vuol dire anche discernere tra ciò che il minore dice, ciò che vorrebbe dire, ciò che si sente in dovere di dire e via discorrendo.

Indubbiamente però l’ascolto del minore deve essere espletato, con le opportune modalità, nel rispetto dell’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo come prontamente ricorda la sentenza della Cass. 23804/2021 I sez. civ.

“(…) In proposito, questa Corte ha affermato che l’audizione dei minori, già prevista nell’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, è divenuta un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardino ed, in particolare, in quelle relative al loro affidamento ai genitori, ai sensi dell’art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata con la legge n. 77 del 2003, nonché dell’art. 315 bis cod. civ. (introdotto dalla legge n. 219/2012) e dagli artt. 336 bis e 337 octies cod. civ., inseriti dal decreto legislativo n. 154/2013, che ha altresì abrogato l’art. 155 sexies cod. civ. e che l’ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di età minore ove capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse (Cass., 25 gennaio 2021, n. 1474).

L’audizione del minore infradodicenne, capace di discernimento, pertanto, costituisce adempimento previsto a pena di nullità, in relazione al quale incombe sul giudice un obbligo di specifica e circostanziata motivazione, tanto più necessaria quanto più l’età del minore si approssima a quella dei dodici anni, oltre la quale subentra l’obbligo legale dell’ascolto non solo se ritenga il minore infradodicenne incapace di discernimento ovvero l’esame manifestamente superfluo o in contrasto con l’interesse del minore, ma anche qualora il giudice opti, in luogo dell’ascolto diretto, per un ascolto effettuato nel corso di indagini peritali o demandato ad un esperto al di fuori di detto incarico, atteso che l’ascolto diretto del giudice dà spazio alla partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda, mentre la consulenza è indagine che prende in considerazione una serie di fattori quali, in primo luogo, la personalità, la capacità di accudimento e di educazione dei genitori e la relazione in essere con il figlio (Cass., 24 maggio 2018, n. 12957).

Senza prescindere, dunque, dalla circostanza che l’ascolto del minore è cosa diversa dallo svolgimento di una consulenza tecnica volta a fornire al giudice strumenti di valutazione per individuare quale sia la situazione più confacente all’interesse del minore, per ciò che concerne la decisione che dovrà adottare circa la convivenza con l’uno o l’altro genitore, va evidenziato che l’audizione del minore consente la sua partecipazione attiva, all’interno del processo che lo riguarda, e rappresenta il momento formale del procedimento deputato a raccogliere le sue opinioni ed i suoi bisogni, che tanto più sono considerati, quanto più il loro accertamento sia attuale”.

Nel caso in questione, il mancato ascolto “(…) ha violato la prescrizione normativa dell’ascolto del minore, che richiede una valorizzazione attuale e sostanziale del punto di vista del minore ai fini della decisione che lo concerne, imponendosi, come già detto, una rigorosa verifica della contrarietà al suo interesse, delle valutazioni e aspirazioni espresse dal minore nel corso dell’ascolto; quanto argomentato dalla Corte, sul punto, non consente di ritenere che tale verifica sia stata compiuta, con la conseguenza che la decisione sul collocamento del minore va cassata per consentire alla Corte di appello una nuova verifica su quale sia la residenza del minore, presso il padre o la madre, maggiormente corrispondente al suo interesse, verifica che non può prescindere dall’ascolto del minore, al fine di considerare le sue attuali valutazioni ed aspirazioni”.

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