Home ArticoliCriminologia La simulazione in ambito forense

La simulazione in ambito forense

di Sara Pezzuolo

Nella pratica forense una problematica con la quale i consulenti si devono confrontare è la possibilità che, l’esaminando, simuli una condizione psicopatologica in realtà non presente. Tale atteggiamento è determinato dai vantaggi che possono derivare dalla simulazione di malattia che si estendono nei diversi contesti della valutazione. Le stime più recenti della presenza di simulazione nelle valutazioni peritali fanno riferimento a percentuali incluse tra il 13% ed il 21% (Rogers, et al. 2004; Vitacco et al., 2007).

La valutazione dell’effettiva simulazione è un processo complesso: il consulente deve essere consapevole che esiste il simulatore, cioè colui che pone in essere sintomi psichici e/o fisici che non corrispondono alla realtà ma dall’altra parte ci sono anche i non simulatori, cioè i malati che effettivamente presentano un disturbo psichico più o meno complesso.

Slick et al. (2004) hanno condotto uno studio sui metodi utilizzati per rilevare la simulazione: la ricerca ha visto partecipare 39 professionisti per un totale di 720 soggetti valutati. La maggior parte degli esperti ha riferito di utilizzare il Test of Memory Malingering (TOMM) (Tombaugh, 1996) assieme al Rey 15 Item (Lezak, 1995): gli autori sono rimasti “sorpresi” dell’ampio utilizzo del Rey 15 item dal momento che in letteratura mancano riferimenti precisi circa la sua sensibilità e specificità (Spreen & Strauss, 1998; Vallabhajosula & van Gorp, 2001).

 

Nella valutazione della simulazione il colloquio clinico deve prevedere un’attenta indagine sulla storia personale del soggetto, un’analisi accurata dei sintomi attuali ed un attento esame dello stato mentale. Una intervista lunga può rivelare incongruenze nella narrazione o discrepanze tra sintomi riferiti e comportamento osservato, può determinare un “abbassamento della guardia” soprattutto durante le pause e, secondo Drob & Berger (1987), compito dell’intervistatore è quello di far sì che l’esaminando, almeno per un attimo, dimentichi o abbandoni il ruolo.

In ambito psicodiagnostico i test utili al rilevamento della simulazione si possono distinguere in due categorie: questionari di personalità che contengono al loro interno delle scale specificatamente costruite per rilevare la malattia mentale finta e test costruiti apposta per valutare la finta psicosi. Nel primo gruppo sono compresi l’Minnesota Multiphasic Personality Inventory – 2 (MMPI-2) ed il Personality Assessment Inventory (PAI), tuttavia, uno strumento progettato proprio con il fine di rilevare la simulazione di malattia è il SIMS e la SIRS nella sua versione aggiornata SIRS-2.

La Structured Interview of Reported Symptoms (SIRS) e la Structured Interview of Reported Symptoms-2 (SIRS-2) (Roger et al. 1992; Roger et al. 2010) sono considerati gli strumenti principe per validare l’eventuale presenza di simulazione sia nella pratica clinica che forense. La SIRS-2 (in fase di adattamento e standardizzazione italiana Ciappi S., Pezzuolo S., Zago S., Hogrefe Editore) si compone di numerosi item suddivisi in otto scale; la sua importanza e rilevanza ai fini di un corretto inquadramento del processo simulatorio lo rendono il miglior test ai fini di una valutazione obiettiva e scientificamente corretta.

Ciò che deve essere tenuto a mente nel rilevamento dell’eventuale processo simulatorio è che la valutazione può essere influenzata sia dalla scelta dei test sia dal relativo ordine di presentazione (Gervais, Green & Allen, 1999; Guilmette et al., 1996).

You may also like