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Risarcimento danno da pregiudizio esistenziale: il padre che trascura i figli

di Sara Pezzuolo

Risarcimento danno da pregiudizio esistenziale: il padre che trascura i figli

Data la rilevanza che assume il ruolo della funzione genitoriale paterna ai fini del benessere psico-fisico dei figli, reputo interessante condividere alcuni passaggi di due sentenze di Cassazione meritevoli di attenzione ai fini della richiesta di un risarcimento danni di natura non patrimoniale.

Tali riflessioni possono trovare plauso non solo ai fini di un risarcimento del danno biologico di tipo psichico ma anche, e direi soprattutto,  nel caso di risarcimento della componente del pregiudizio esistenziale preso atto che, la famiglia (ed il legame parentale) è la prima sede di autorealizzazione e di crescita delle persona ove il rispetto della dignità e della personalità di ognuno  assumono i connotati di un diritto inviolabile

Nello specifico, interessanti spunti di riflessione li ho ritrovati nelle sentenze della Cassazione n. 5652/2012 e n. 16657/2014.

Della prima sentenza, trovo interessante l’accezione dei diritti della persona con riferimento alla “qualità di figlio”. Si tratta di una situazione nella quale, il padre, pur essendo a conoscenza della paternità se ne era completamente disinteressato per anni.

“(…) Risulta agevole quindi constatare come, sulla base di tali emergenze processuali, la corte territoriale abbia correttamente affermato la responsabilità del …, derivante dalla volontaria e reiterata sottrazione agli obblighi tutti derivanti dal rapporto di filiazione, con conseguente risarcibilità – sia pure nei limiti della riduzione del petium, sulla base della interpretazione della domanda così come operata dai giudici del merito, vale a dire con la limitazione, per ragioni che sfuggono a qualsiasi tentativo di comprensione, al pregiudizio sofferto nel periodo successivo al raggiungimento della maggiore età – dei danni di natura non patrimoniale “per la subita lesione dei fondamentali diritti della persona inerenti la qualità di figlio. (…) Non può dubitarsi, con riferimento al caso di specie, come il disinteresse dimostrato da un genitore nei confronti di un figlio, manifestatosi per lunghi anni e connotato, quindi, dalla violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione, determini un vulnus, dalle conseguenze di entità rimarchevoli ed anche, purtroppo, ineliminabili, a quei diritti che, scaturendo dal rapporto di filiazione, trovano nella carta costituzionale (in part. artt. 2 e 30) e nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento un elevato grado di riconoscimento e tutela” (Cass. Sez. I, 5652/2012).

Stesso rilievo sull’importanza del contributo paterno e, di conseguenza, sulle sue responsabilità genitoriali si ritrova nella sentenza 16657/2014: “(…) E’ un comportamento relevatore di responsabilità genitoriale l’aver deprivato i figli della figura genitoriale paterna, che costituisce un fondamentale punto di riferimento soprattutto nella fase della crescita, e idoneo ad integrare un fatto generatore di responsabilità aquiliana (…) Premesso che la sentenza impugnata ha correttamente ritenuto che la prova dei lamentati pregiudizi può essere (ed è stata nella specie) offerta “sulla base anche di soli elementi presuntivi” e, può aggiungersi, secondo nozioni di comune esperienza, la cui valutazione è riservata evidentemente ai giudici del merito, si deve considerare la particolare tipologia danno non patrimoniale in questione, consistente nella integrale perdita del rapporto parentale che ogni figlio ha diritto di realizzare con il proprio genitore e che deve essere risarcita per il fatto in sé della lesione (cfr. Cass. 7713/2000)”.

In allegato entrambe le sentenze.

 

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