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Questo non è amore. I dati sul femminicidio della Polizia di Stato

di Sara Pezzuolo

Passato da qualche giorno il tam tam mediatico sul c.d. fenomeno femminicidio in Italia, cerchiamo di approfondire la problematica così come analizzata dalla Polizia di Stato nella pubblicazione (2018) “Questo non è amore”.

La pubblicazione è l’esito dell’elaborazione dei dati forniti dalla Direzione Centrale della Polizia Criminale del Dipartimento di Pubblica Sicurezza estratti dalla banca dati SDI e sviluppati dalla Direzione Centrale Anticrimine.

“Nel linguaggio comune il femminicidio è l’uccisione di una donna da parte di un uomo perché donna, come atto estremo di prevaricazione, affermazione ultima di superiorità, aberrazione del possesso, non includendo, perciò, omicidi maturati in altri contesti e con altri moventi. Il termine, pur non avendo valenza giuridica, è entrato a far parte del lessico quotidiano per designare – di fatto – una tipologia di reati che, normativamente, non esiste. L’attuale legislazione penale, infatti, non prevede espressamente la fattispecie del femminicidio, né esistono parametri univocamente riconosciuti che definiscano con precisione l’accezione in questione.

Partendo dalle definizioni di violenza nei confronti delle donne, violenza domestica e violenza di genere, forniti dalla Convenzione di Istanbul, si è convenuto che, almeno ai fini prettamente operativi e di polizia, l’espressione vada limitata ai soli casi di commissione di un atto criminale estremo che caratterizza un modello di rapporto tra maschio e femmina declinato secondo i canoni di supremazia/sottomissione e ad ogni atto di violenza, che porti all’omicidio, perpetrato in danno della donna “in ragione proprio del suo genere”. Tendenzialmente si è portati ad immaginare il femminicidio come l’omicidio avvenuto in ambito familiare e/o affettivo. Ed effettivamente è in questo contesto che la maggior parte delle volte la donna soccombe in modo definitivo alla discriminazione nei confronti del suo genere. Infatti, se sul totale dei casi di omicidio volontario commessi nei primi mesi del 2018, il 41% delle vittime è di sesso femminile, la percentuale delle donne uccise in ambito familiare e/o affettivo sale al 72%. Esaminando, tuttavia, i casi di omicidio volontario commessi in ambito familiare nell’anno in corso, verificando i contesti ambientali e le motivazioni addotte dal carnefice, si è arrivati a considerare propriamente come femminicidio, nell’accezione di cui si è fatto cenno, 32 casi sui 94 complessivi, escludendo, ad esempio, la vicenda in cui il marito uccide la moglie malata terminale per porre fine alla sua sofferenza o quella del figlio che uccide la madre per motivi meramente economici. È possibile anche prendere in considerazione quelle ipotesi in cui ci sono altre vittime che si possono definire “indirette” (ad esempio i figli uccisi per vendetta nei confronti della madre), oltre al femminicidio. In tal senso, aumentano i casi registrati nel 2018 rispetto al 2017. I grafici che seguono mostrano come cambi il rapporto vittima/autore se ci si riferisce a tutti gli omicidi volontari consumati o solo a quelli con vittime di sesso femminile”

 

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