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Mafia Cinese e Reati

di Sara Pezzuolo

La mafia cinese in Italia, seppur meno conosciuta delle cosiddette “mafie nostrane” si sta espandendo e sta modificando la tipologia dei reati in funzione delle esigenze dell’organizzazione stessa. Tale breve contributo vuole porre l’attenzione sui principali reati messi in atto dalle associazioni a delinquere di stampo mafioso cinesi presenti in Italia, quali, in particolare, spallonaggio e contraffazione marchi. Di rilievo è da segnalare il sequestro dei beni alla famiglia Hsiang che trova, per la prima volta in Italia, l’applicazione della normativa antimafia a cittadini cinesi.

Prima di tutto… esiste la mafia cinese in Italia?
Da questa domanda siamo partiti e abbiamo dato una risposta con il co-autore del libro “Mafia cinese o made in China” Giovanni Manfrellotti.
Prima di poter comprendere il fenomeno della mafia cinese bisogna riuscire ad entrare, con molte difficoltà, all’interno della cultura cinese, comprendere a fondo la storia di questo paese lontano da noi ma che ha portato i suoi usi e costumi all’interno delle nostre città nelle cosiddette Chinatown.
Innanzitutto come si definisce un’associazione a delinquere di stampo mafioso? Questa è ben definita dal nostro codice penale “l’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere dei delitti”. Tutto ciò è esattamente quello che caratterizza la criminalità cinese e che è emerso da alcune delle più importanti indagini svolte negli ultimi anni; mafiosità sancita in sede processuale con sentenze passate in giudicato.
Fino a qualche anno fa il reato preponderante per l’associazione mafiosa cinese era il traffico dei clandestini che assicurava all’associazione un’entrata sicura e ingente. Negli ultimi anni la situazione è notevolmente mutata: si assiste alla presenza di gruppi giovanili (c.d. bande) che, pur avendo una struttura organizzativa di tipo “mafioso”, sono dediti alla realizzazione di fattispecie delittuose quali lo spaccio di sostanze stupefacenti, all’interno delle discoteche cinesi e negli internet-point, lo sfruttamento della prostituzione, sviluppatosi solo di recente vista la concezione della donna per questa popolazione, il reato di rapina all’interno delle abitazioni private o dei laboratori quale fonte di arricchimento facile (pensiamo alle ingenti quantità di produzione dei laboratori che assume la forma del guadagno).
Reati principali, se così li possiamo definire, sono ad oggi lo spallonaggio e la contraffazione dei marchi. Lo spallonaggio consiste nel trasferimento di ingenti somme di denaro in contanti (cosa che impedisce così il rintracciamento). Difatti, i guadagni delle attività illecite e lecite dei cinesi in Italia vengono re-investiti nella Repubblica Popolare Cinese. I controlli messi in atto dalle Forze dell’Ordine hanno fatto sì che fossero istituite società-schermo o strutture parabancarie che esportano i capitali in Cina attraverso procedure irregolari che nascondono fattispecie di riciclaggio. Di sicuro, però, il reato che maggiormente interessa le forze dell’Ordine è il reato della contraffazione dei marchi. Negli ultimi anni, oltre ad aver assunto dimensioni crescenti, questo reato ha dimostrato di essere uno dei fronti criminali più avanzati. Esso, come dimostra anche quotidianamente la cronaca, non si rifà solamente al settore della pelletteria o dell’abbigliamento tessile, come accadeva all’inizio, ma investe un’ampia fetta del mercato, giochi (pensiamo al caso Mattel), alimentari (“riproduzione” della mozzarella di bufala!!), CD, DVD, televisori, olio, dentifricio, etc. Tale realtà ha assunto ingenti proporzioni che gli interventi delle Forze di Polizia, purtroppo, a volte, non appaiono in grado di contrastarlo. Tali prodotti si presentano molto simili all’originale, quindi, per certi versi, di difficile identificazione ma totalmente diversi nella sostanza, provocando così sia un danno all’immagine che all’intera economia del nostro Bel Paese, “l’industria del falso sottrae ogni anno alle imprese manifatturiere 6 miliardi di euro, bruciando 1,5 miliardi di euro in termini di evasione di Iva e circa 120.000 posti di lavoro in tutta l’Unione Europea”[[1].]
Un successo indubbio ottenuto dalle Forze dell’Ordine è stato sicuramente quello che è derivato dal sequestro dei beni della famiglia Hsiang a seguito dell’operazione della D.I.A. “Ramo d’Oriente”, che ha portato al sequestro di beni immobili e mobili di un valore complessivo di oltre 610.000 euro. Dopo meticolose indagini, emerse un divario tra i redditi dichiarati e i valori dei beni disponibili e/o a disposizione. Pertanto, ai sensi dell’art. I quinquies della L. 726/1982 e in virtù dei poteri delegati dal Ministro dell’Interno con il D.M. 23.12.1992 integrato dal D.M. 30.11.1993, il P.M. decise di applicare come misure di sicurezza agli imputati sia quelle di tipo personale sia quelle di tipo patrimoniale. Tale richieste furono accolte dal Tribunale di Firenze che, in data, 17.10.2005 procedeva al sequestro dei beni della famiglia Hsiang, riconosciuta come la principale famiglia mafiosa cinese operante nella zona di Firenze. Tale provvedimento è stato importante nell’azione di contrasto della mafia cinese in quanto ha rappresentato, per la prima volta in Italia, l’applicazione di una normativa antimafia a cittadini cinesi.
 
[1] Presenza Cinese in Italia e Sicurezza Economico e Finanziaria. Analisi di un macrofenomeno, a cura del Comando Generale della Guardia di Finanza II Reparto Ufficio d’Analisi d’Intelligence, in www.gdf.it

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