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Comunicato stampa del Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute e private della libertà personale in merito alla tragedia di Rebibbia

di Sara Pezzuolo

Condivido il Comunicato stampa del Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale in merito alla tragedia di Rebibbia occorsa il 18 u.s.

Il dramma è accaduto nella sezione nido di Rebibbia quando la madre detenuta, Alice Sebesta, ha scaraventato per le scale la figlia di sei mesi, morta sul colpo, ed il secondo figlio di un anno e sette mesi di cui è stata dichiarata ieri la morte cerebrale per il “grave trauma da precipitazione”.

Di fronte a tragedie del genere ci si ferma a riflettere dimenticando che il problema è presente anche negli altri giorni dell’anno. Quei bambini, quella voglia di aria, quella voglia di vivere ce l’hanno sempre.

“I volontari di A Roma, insieme in questi anni hanno raccolto tante testimonianze che dimostrano il disagio dell’infanzia dietro le sbarre: dal bambino che chiedeva, vedendo il mare, dove fossero i rubinetti da cui usciva tutta quell’acqua, a quelli che hanno paura di camminare su un prato perché non l’hanno mai fatto. Più di un bambino, ospite a casa di un volontario, ha fatto i complimenti per “la bella cella”. Con tutta la buona volontà degli operatori, i nidi degli istituti penitenziari restano quello che sono: parte di una prigione”

http://www.vita.it/it/article/2015/08/20/cosa-sono-gli-icam-le-case-per-mamme-detenute/136232/.

Nel comunicato del 18 settembre 2018 del Comitato Direttivo dell’associazione A Roma, Insieme si legge: “Questa tragedia ci induce a ribadire, senza la minima volontà di strumentalizzare un evento così doloroso, quanto dalla nostra associazione da anni sostenuto “che nessun bambino varchi più la soglia di un carcere” risponde tanto più ora ad una necessità morale e di civiltà”.

L’annosa questione dei bambini dietro le sbarre tutela il diritto/dovere delle madri di crescere i loro figli o i figli di crescere con le loro madri?

In Italia sono una sessantina i bambini che si trovano a vivere i loro primi anni di vita in carcere accanto alle loro madri.

Da anni la loro situazione viene considerata critica nonostante la legge n. 62 del 2011 che prevedeva la creazione di Istituti a custodia attenuata per le detenute madri (Icam).

(…) Il contesto è anche quello dell’incapacità a trovare il punto di equilibrio tra la difesa del diritto alla relazione materna, che porta il nostro ordinamento alla tutela almeno nei primi tre anni di vita, e l’assoluta priorità dell’esigenza di positive capacità evolutive e cognitive di un bambino nei suoi primi anni di vita” (Comitato stampa Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, 19 settembre 2018).

 

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